Domenica 28 Aprile ’19, la Santa Messa sarà celebrata alle ore 8.30 nella chiesa di S. Pietro.
Brani della Domenica in Albis:
Kyrie – Gloria – Sanctus – Agnus Dei (Missa XI Orbis factor – In Dominicis per Annum) | Kyriale pag. 46 |
Credo III | Kyriale pag. 67 |
Communio – Ubi caritas | Cantus Selecti pag. 6 |
Finale – Sub tuum praesidium | Cantus Selecti pag. 166 |
Domenica in Albis
( 1Gv 5,4-10; Gv 20,19-31)
Belluno, chiesa di s. Pietro, 28 aprile 2019
Questo brano di Vangelo può essere definito ‘l’elogio della fede’. All’apostolo Tommaso, mostrandogli le mani forate e il fianco ferito, Gesù disse: “Non essere più incredulo, ma credente”. E aggiunse la grande beatitudine. “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Anche l’apostolo Tommaso, a modo suo, ci dà un esempio di fede. Dopo aver dubitato, e dopo aver detto: “Se non vedo nelle sua mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”, disse a Gesù apparsogli: “Mio Signore e mio Dio!” Sant’Agostino commenta:“Tommaso emise un atto di fede: vide un uomo, e lo credette Dio; vide Gesù, e credette ciò che di Gesù non si vedeva, la sua divinità”.
La fede è la radice della vita spirituale. Non c’è vita spirituale senza la fede, e una vita spirituale è tanto più viva e tanto più profonda, quanto più viva e profonda è la fede. La carità è ‘il frutto’ della vita spirituale, è ciò che la vita spirituale deve produrre e maturare; ma la radice della vita spirituale è la fede. Fede che non è il semplice ‘credere in Dio’, ‘credere che Dio esiste e c’è’ (anche i demoni -dice l’apostolo Giacomo- lo credono, e tremano: Gc 2,19); fede è fare sì che Dio entri nella vita, tocchi la vita, coinvolga la vita.
“Questa mia vita nella carne -dice san Paolo- (cioè la mia vita concreta, quella che io vivo ogni giorno, nelle circostanze concrete di ogni giorno) questa vita io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20): cioè, ‘io l’avvolgo, la mia vita, attorno a Cristo Gesù, attorno al suo amore per me, attorno alla sua persone che per me è viva e presente; e con la mia vita do a lui la mia risposta’.
Dall’ottobre 2012 al novembre 2013 papa Benedetto XVI volle, per la Chiesa, l’‘Anno della fede’, un anno intero perché la Chiesa, tutti i credenti, s’interrogassero sulla propria fede, su quanto fosse vivo e profondo il proprio rapporto con Dio. E nella bolla d’indizione il papa metteva in guardia da un pericolo nascosto e subdolo, pericolo in cui tutti possiamo facilmente cadere, quello di dare la fede come qualcosa di scontato e di normale; mentre ‘normale’ potrebbe non esserlo, o esserlo solo in parte, poco; cioè non essere la fede, il rapporto concreto con Dio, la regola ‘normante’ la nostra vita, il nostro pensare, il nostro parlare, il nostro agire, il nostro vivere quotidiano. Credere in Dio non coincide automaticamente col vivere con Dio e in Dio; mentre questo è la fede, e questo è per noi la salvezza e il bene.
Può un tralcio vivere senza stare attaccato alla vite? (cfr Gv 15,1-6). Possiamo noi vivere in santità, in virtù, ma anche solo in gioia, in serenità, in forza di fronte alle difficoltà, in dono di noi, in vita eterna un giorno in paradiso, senza Dio? ‘Signore, aumenta la nostra fede!’
don Giovanni Unterberger