Domenica 14 Luglio 2019, la Santa Messa sarà celebrata alle ore 8.30.
Brani della V Domenica dopo Pentecoste
Asperges me | Kyriale pag. 6 |
Kyrie – Gloria – Sanctus – Agnus Dei (Missa XI Orbis factor – In Dominicis per Annum) | Kyriale pag. 46 |
Credo I | Kyriale pag. 67 |
Communio – Ubi caritas et amor | Cantus Selecti pag. 17 |
Finale – Laeto cantu | Cantus Selecti pag. 195 |
Quinta domenica dopo Pentecoste
(1Pt 3,8-15; Mt 5,20-24)
Belluno, chiesa di s. Pietro, 14 luglio 2019
Il Signore ci chiama a grandi cose, ad elevarci ad altezze vertiginose. Dice: non solo non dovete uccidere, ma neppure adirarvi; neppure dire una parola, che possa offendere e fare star male il vostro fratello, la vostra sorella. E per mezzo dell’apostolo Pietro nell’epistola ci ha detto: “Non rendete male per male, ingiuria per ingiuria; cioè non vendicatevi, non ripagate con la stessa moneta chi vi avesse offeso, ma rispondete benedicendo, facendogli, cioè, del bene, un gesto di bontà” Altezze vertiginose.
‘Come è possibile, Signore -può venirci da dire- vivere così? Non è che ci chiedi troppo?’ In effetti il Signore ci chiede molto, ci prospetta una grande perfezione. Un po’ più avanti del brano evangelico che abbiamo ascoltato dice: “Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste” (Mt 5,28). Eppure il Signore, chiedendoci cose così alte, non fa che rispettarci; sì, rispettarci; rispettare in noi la nostra natura, il nostro cuore, il ‘come’ siamo fatti.
Noi siamo fatti per il tutto, per la totalità, per ciò che non finisce. Il Signore ci farebbe torto se ci chiedesse poco, solo ‘qualcosa’; noi sentiremmo che una parte di noi resterebbe frustrata, non riconosciuta, lasciata inattiva; perché il nostro bisogno è bisogno di statura e grandezza infinita. Ci attirano, infatti, i santi; le mezze misure e le cose a metà non ci piacciono, non ci soddisfano, ci lasciano un che di amaro; e il Signore, che sa ciò, ci chiede e ci sollecita al ‘tutto’.
Siamo noi, alle volte, che non riconosciamo la nostra vera natura, la larghezza e la profondità del nostro cuore, l’intensità possibile dei nostri desideri, e ci comprimiamo, limitandoci al ‘poco’, atrofizzando ciò che siamo. Liberiamo invece il ‘come’ il Signore ci ha fatti, le potenzialità di cui ci ha dotati, il bisogno di infinito di cui siamo impastati; e desideriamo la perfezione, il tutto, la santità! Per la santità siamo fatti; “siate santi, perché io sono santo”, dice Dio (Lv 19,2).
La santità ci attira e ci spaventa; ci spaventa perché ci sentiamo poveri, deboli, insufficienti nelle forze; e siamo tentati di rinunciarvi. Raccontano di un bambino che voleva spostare un grosso sasso e non vi riusciva; il papà che gli era vicino lo incoraggiava. A un certo punto il bambino stava per rinunciare all’impresa, e il papà gli disse: “Non mollare, insisti, non hai fatto ancora tutto quello che potevi”. E il bambino a lui: “Come non ho fatto tutto quello che potevo? Cosa potevo fare di più?” E il papà: “Potevi chiedermi che ti aiutassi”.
Chiedere a Dio l’aiuto. Chiediamo mai, nella preghiera, la santità? Osiamo chiedere la santità, per noi, per gli altri? Ci fermiamo prima, perché -diciamo- ‘è impossibile’? Non blocchiamo e fermiamo noi stessi il nostro cammino! Non condanniamoci a doli a rimanere piccoli, poca cosa, realtà incompiuta! Vogliamoci bene, desideriamo e tendiamo alla santità. Dio ci aiuterà.
don Giovanni Unterberger