Domenica 20 Ottobre ’19, la Santa Messa sarà celebrata alle ore 8.30 nella chiesa di S. Pietro.
Brani della XIX Domenica dopo Pentecoste:
Asperges me | Kyriale pag. 6 |
Kyrie – Gloria – Sanctus – Agnus Dei (Missa XI Orbis factor – In Dominicis per Annum) | Kyriale pag. 46 |
Credo I | Kyriale pag. 67 |
Communio – Ubi caritas et amor | Cantus Selecti pag. 17 |
Finale – Stabat Mater | Cantus Selecti pag. 126 |
Domenica decima nona dopo Pentecoste
(Ef 4,23-28; Mt 22,1-14)
Belluno, chiesa di s. Pietro, 20 ottobre 2019
C’è un abito nuziale che dobbiamo indossare. Un abito bello, bellissimo. Quando si va ad una festa di nozze, ci si va vestiti bene; non con un abito qualsiasi, casual, ma magari con un abito acquistato in una boutique; si va vestiti da festa. L’invitato della parabola se l’era dimenticato.
“Rivestite l’uomo nuovo -ha esortato l’apostolo Paolo nell’epistola- l’uomo creato secondo Dio nella giustizia e nella santità della verità”. Se l’apostolo invita a vestirci, significa che, secondo lui, non siamo vestiti; o, per lo meno, che non siamo vestiti dell’abito che egli intende. Qual è l’abito che Paolo ha in mente? E’ ‘l’uomo nuovo, creato secondo Dio’. Noi -dobbiamo riconoscerlo- siamo rivestiti di abiti vecchi. Abito vecchio sono i nostri difetti, i nostri vizi, le nostre cattive abitudini, i nostri peccati, le nostre storture spirituali. Quanti abiti vecchi, logori e stracci ci avvolgono… E siamo chiamati a rivestire l’abito nuovo, creato da Dio!
Anche in un’altra sua lettera, la lettera ai Romani, Paolo parla di ‘rivestirsi’, e indica in modo esplicito l’abito da indossare; dice: “Comportatevi onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri” (Rm 13,13-14). Ecco l’abito nuovo da indossare: Cristo. Non, primariamente, una serie di virtù, ma una persona: la Persona di Gesù. Gesù, il vestito.
Sarebbe poco gratificante, e alla fine, anche frustrante (perché non ci riusciremmo) avere a che fare con una serie di virtù (l’umiltà, la pazienza, la castità, la carità) di cui rivestirci; è molto più bello, più dolce, più umano, e più riempiente il cuore instaurare un rapporto con una persona. Gesù è la ‘veste’; lui, ‘l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità della verità’. Quanto più ci rivestiremo di lui, tanto più, automaticamente, ci troveremo ad essere rivestiti di virtù, le sue virtù; perché egli stesso ce ne rivestirà. Se il tralcio sta unito alla vite, la linfa della vite passa nel tralcio (cfr Gv 15,1-5).
L’errore dei primi invitati alle nozze della parabola evangelica fu quello di essere tutto presi dai loro campi e dai loro affari. Essere immersi nelle cose e nelle faccende di questo mondo fino a dimenticare il vestito bello da indossare, sarebbe il grande errore. Con quale vestito, infatti, ci presenteremo al Padre alla fine della vita? Tutta la vita ci è data proprio per indossare Cristo. Sia questo il nostro desiderio; un desiderio che diventi sempre più vivo, più profondo, più continuo.
Rinnoviamolo al mattino, nel momento in cui ci vestiamo, in cui scegliamo gli abiti per la giornata. Agli abiti per la giornata uniamo il desiderio di indossare Cristo, di assomigliargli, di imitarlo, e diventargli conformi. Alle volte forse ci capita di ricevere un apprezzamento per un capo di vestiario che indossiamo; che bello se la gente potrà ammirare e gioire perché ci vede rivestiti del Signore! Il cristiano è così: un rivestito del Signore. E lo deve diventare sempre di più, perché è un invitato alle nozze di Dio e con Dio. I mezzi li conosciamo: la preghiera, i Sacramenti, la meditazione della Sacra Scrittura, la lettura di qualche vita di Santi.
don Giovanni Unterberger