Domenica 08 Settembre ’19, la Santa Messa sarà celebrata alle ore 8.30 nella chiesa di S. Pietro.
Brani della XIII Domenica dopo Pentecoste:
Asperges me | Kyriale pag. 6 |
Kyrie – Gloria – Sanctus – Agnus Dei (Missa XI Orbis factor – In Dominicis per Annum) | Kyriale pag. 46 |
Credo I | Kyriale pag. 67 |
Communio – Pange lingua | Cantus Selecti pag. 270 |
Finale – Salve Regina |
Tredicesima domenica dopo Pentecoste
(Gal 3,16-22; Lc 17,11-19)
Belluno, chiesa di s. Pietro, 8 settembre 2019
Ci fa bene al cuore vedere Gesù che guarisce; ci dà speranza. Che cosa può sperare un malato se non di incontrare un medico che si prenda cura di lui e lo guarisca? Un medico bravo, competente, ben preparato. Gesù era così: medico ben preparato. A lui si rivolgevano ciechi, sordi, muti, paralitici, lebbrosi, ed egli guariva tutti. Era specialista in ogni tipo di malattia; l’evangelista Luca dice che a lui portavano malati colpiti da malattie di ogni genere, ed egli li guariva. Anzi -aggiunge- da molti egli faceva uscire anche i demoni (cfr Lc 4,40-41). Guariva pure dalle malattie spirituali.
I dieci lebbrosi, scorto Gesù, gli corsero incontro: non solo gli andarono incontro, ma ‘gli corsero incontro’, dice il Vangelo. Avevano fiducia in lui, e sentivano il bisogno di essere guariti. Erano profondamente consapevoli della propria malattia, malattia che non permetteva loro di avvicinarsi più di tanto a Gesù, ma fino a dove era loro consentito arrivare, ‘gli corsero incontro’. Chi sa di essere malato, chi ne è consapevole, corre dal medico.
La domanda che ci si impone allora è: ‘Io mi sento spiritualmente malato? Magari fisicamente sono sano, ma spiritualmente come sono?’ Probabilmente, anzi certamente, ci riconosciamo peccatori, difettosi e spiritualmente malati, ma forse alle nostre malattie spirituali non diamo particolare peso, lasciamo che continuino in noi, e non ricorriamo al Medico che le guarisca. Dovremmo avere, per le malattie dello spirito, la stessa attenzione che abbiamo per le malattie del corpo, anzi di più, perché lo spirito è più importante del corpo.
Di grande utilità è la pratica dell’esame di coscienza quotidiano. L’esame di coscienza quotidiano ci mantiene in osservazione di come viviamo, delle nostre virtù e dei nostri difetti, ci aiuta a volerci emendare e a ricorrere al Signore per essere aiutati e guariti.
Al Signore Gesù ricorse il grande sant’Agostino. Agostino da giovane visse una vita disordinata, si lasciò prendere dalla lussuria; si unì a una donna da cui ebbe un figlio, senza sposarla. Quando ella temporaneamente lo lasciò, promettendogli che non avrebbe conosciuto altro uomo, “io, sciagurato -dice il santo- col pretesto che solo dopo due anni avrei potuto sposarla, schiavo del piacere, mi procurai un’altra donna” (Le confessioni, libro VI, cap. XV).
Lentamente nel suo animo cominciò a farsi viva la voce di Dio che lo chiamava a conversione. Ma Agostino tergiversava, gli era tropo faticoso il passo; egli confida: “Il Signore mi diceva, con le parole dell’apostolo: ‘Alzati, o tu che dormi; risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà’ (Ef 5,14); ma io gli rispondevo: ‘Eccomi, ma attendi ancora un pò’. Quell’’eccomi’ non trovava decisione in me e l’‘attendi’ si prolungava” (Le confessioni, libro VIII, cap. V).
Ma finalmente Agostino cominciò a chiedere al Signore che lo liberasse dai suoi vizi e dai suoi peccati: “Sentivo -scrive- di essere schiavo, e tra le lacrime mandavo i miei gemiti strazianti a Dio: ‘Fino a quando, Signore, fino a quando? Perché non è questa l’ora che segna la fine della mia vita cattiva? Perché non adesso? Perché domani? Liberami, o Signore!” E il Signore lo ascoltò e lo guarì.
Riguardando a distanza di tempo la propria vita e la propria conversione, Agostino esclama: “Tardi t’amai bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi t’amai! Tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. Brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me e io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Ma mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l’ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace” (Le Confessioni, libro X, cap. XXVII).
Il Signore guarì Agostino, ma quanti altri uomini e donne il Signore ha guarito lungo la storia! Egli può guarire anche noi, ‘vuole’ guarire anche noi. Cerchiamolo, ‘corriamogli incontro’ come i lebbrosi, mettiamogli davanti le nostre piaghe e le nostre povertà; preghiamolo, diciamogli con fede: “Maestro abbi pietà di noi!”, ed egli ci guarirà, trasformerà in bene la nostra vita.
don Giovanni Unterberger