Domenica 24 Gennaio ’21, la Santa Messa sarà celebrata alle ore 8.30 nella chiesa di S. Pietro.
Brani della domenica della III Domenica post Epifania:
Asperges me | Kyriale pag. 6 |
Kyrie – Gloria – Sanctus – Agnus Dei (Missa XI – Orbis factor) | Kyriale pag. 46 |
Credo I | Kyriale pag. 67 |
Communio – Panis angelicus I | Cantus Selecti pag. 8 |
Finale – Alma Redemptoris Mater | Fotocopia |
III domenica dopo l’Epifania
( Rm 12,16-21; Mt 8,1-13)
Belluno, chiesa di S. Pietro, 24 gennaio 2021
Fede e umiltà nella preghiera sono l’esempio del lebbroso e del centurione, di cui abbiamo sentito ora raccontare. Gesù, sceso dal monte ove aveva pronunciato il grande discorso delle beatitudini, si vide venire avanti un uomo malato di lebbra che, in ginocchio, gli disse: “Signore, se vuoi, tu puoi guarirmi”. Capolavoro di preghiera, pur nella sua estrema brevità e concisione!
“Tu puoi guarirmi”: c’era fede in quella preghiera; c’era la certezza che Gesù aveva il potere di operare il miracolo. Quel maestro che andava insegnando e operava portenti; quel rabbì che tutti cercavano e a cui le folle andavano dietro, era forte, aveva in sé qualcosa che nessun altro aveva. Un’estrema fiducia spingeva quel lebbroso a dire: “Signore, tu puoi guarirmi”. E insieme, però, disse: “Se vuoi”. Quale libertà lasciata a Gesù! quanta umiltà in quel “se vuoi!” Nessuna pretesa, nessuna forzatura; solo richiesta umile e discreta.
Dopo aver guarito il lebbroso, Gesù si vide avvicinare da un centurione, un militare graduato, comandante di una centuria, cioè cento soldati; costui aveva un servo a casa molto ammalato e molto sofferente per una paralisi che l’aveva colpito. Quel servo gli doveva essere molto caro, per fermare Gesù per strada e chiedergli di guarirlo, ma, soprattutto, quel centurione doveva avere fede in Gesù, la fiducia di ottenere quanto chiedeva. Gesù gli disse: “Verrò e lo curerò”; ma scattò allora l’umiltà del centurione: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Grande fede in un Gesù che avrebbe potuto guarire anche a distanza! e -insieme- grande umiltà.
Fede e umiltà sono le caratteristiche della vera preghiera. Fede che chiede con fiducia, e umiltà che lascia libero il Signore. Fede che è certezza che nessuna preghiera cade nel vuoto, e umiltà che lascia a Dio, alla sua sapienza, i tempi e i modi dell’esaudimento. Sorprende, e commuove, che le preghiere di queste due persone, il lebbroso e il centurione, siano così belle, così alte, simili addirittura alla preghiera di Gesù nel Getsemani. “Signore, se vuoi, tu puoi guarirmi”, disse il lebbroso, e Gesù nell’Orto degli ulivi: “Padre, a e tutto è possibile, allontana da me questo calice, però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14,36).
Anche noi: pregare con fede, e insieme lasciare a Dio i tempi e i modi di esaudirci; lui sa più e meglio di noi. In particolare quando facciamo preghiera per la salvezza eterna, per la conversione di qualche persona, di qualche familiare; quando facciamo preghiera per il nostro cammino spirituale, perché il Signore ci liberi dal tal difetto, dalla tal cattiva inclinazione, dalla tal tentazione, pregare con fede, con la certezza che queste preghiere il Signore le ascolta, in quanto sono conformi alla sua volontà; ma poi lasciare fare a lui; noi umilmente pazientare. E così per ogni altra preghiera.
Domandiamo ‘il dono’ della preghiera, perché neppure di pregare siamo capaci da soli, dice san Paolo; ma per pregare abbiamo bisogno dell’aiuto dello Spirito Santo (cfr Rm 8,26-27).
don Giovanni Unterberger